Rimasto vedovo, il maestro elementare Giovanni Merino (Fabrizi) si trasferisce dalla scuola di un paese di campagna ad un grande collegio di città, accompagnato dal figlio Antonio (Nevola), che viene assegnato alla stessa classe maschile dove insegna il padre.
Il maestro ha una grande passione per la pittura, che condivide con il figlio. Chiede, quindi, al Ministero di poter istituire nella nuova sede di servizio un’accademia d’arte.
Nella scuola il maestro viene ben accolto dagli alunni, ma entra in conflitto con gli altri insegnanti a causa di un gioco didattico che introduce nella sua sezione: fa giocare i bambini ad un’inconsueta partita di calcio, in cui al posto del pallone ci sono delle domande sulle varie materie; i ragazzi, divisi in due squadre, accumulano punti ad ogni risposta corretta. Il maestro porta anche i bambini al parco, lasciandoli liberi di giocare all’aria aperta.
Dopo un’iniziale difficoltà, riesce a dimostrare l’efficacia di questo metodo d’insegnamento-apprendimento, che fa leva sulle passioni dei ragazzi per stimolarne l’apprendimento, convincendo il preside e gli altri insegnanti, che da quel momento lo accettano e iniziano a coinvolgerlo nei momenti di svago al di fuori della scuola. Viene così invitato ad una festa.
Quel giorno, mentre Giovanni sta ballando con la maestra Luisa, suo figlio Antonio, che è rimasto a casa, riceve dalla portinaia una lettera con cui il Ministero approva la richiesta di istituire un’accademia di disegno all’interno della scuola. Preso dalla fretta di raggiungere il padre, Antonio non fa attenzione alla strada e finisce investito da un’auto.
La morte del bambino fa cadere il maestro in preda allo sconforto, tanto da indurlo a pensare di lasciare l’insegnamento. Il direttore (Sanjuàn) della scuola e i colleghi lo dissuadono, ma le difficoltà nel reggere il carico emotivo provocato dall’insegnare nella classe dove è stato alunno suo figlio sembrano sopraffarlo, rendendolo burbero e scontroso con i suoi scolari. È così scosso che arriva addirittura a spezzare il pennello che era appartenuto ad Antonio
Ma a scuola arriva un nuovo alunno, Gabriele (Paoletti), che con attenzione e insistenza si prende cura del maestro e lo convince a stracciare la lettera di dimissione. Il rapporto tra i due si fa sempre più intenso, fin quando il ragazzo non confessa di dover tornare al proprio paese. Regala al maestro una medaglia raffigurante Gesù Bambino e riceve in cambio il pennello del povero Antonio, miracolosamente ritrovato integro nel cassetto della cattedra.
Lasciando l’aula, Gabriele dimentica la cartella; il maestro allora lo segue per riconsegnargliela, ma la ricerca non dà alcun frutto. L’insegnante esamina la cartella e scopre che si tratta della cartella del figlio, che egli aveva gelosamente custodito in casa dal giorno del tragico incidente. Il maestro torna quindi a cercare Gabriele, ma nel collegio nessuno ricorda l’esistenza dell’alunno, che non risulta iscritto alla scuola. Il ragazzo non viene neppure trovato all’indirizzo che aveva lasciato al maestro, quello di una parrocchia, dove nessuno dice di conoscerlo.
Tornato a recuperare la medaglia lasciatagli da Gabriele, Giovanni ritrova la pace e torna a lavorare serenamente con i bambini.
Il film è stato girato in due versioni. Quella spagnola – dal titolo El maestro – è stata diretta da Eduardo Manzanos.
Fonti
C. Scaglioso, Il cinema nella scuola e la scuola nel cinema, Fossano, Editrice Esperienze, 1977, pp. 94-95.
P. Farinotti, Il Farinotti 2009. Dizionario di tutti i film, Roma, Newton Compton editori, 2008, p. 1127.
V. Durán Manso, P. Alvarez Dominguez, La imagen de la escuela en la primera etapa del cine español del franquismo: autarquía, patriotismo y nacionalcatolicismo (1939-1950), «Educació i Història: Revista d’Història de l’Educació», 31, 2018, pp. 59-88.