Francesco Mestica nacque ad Apiro, in provincia di Macerata, l’8 dicembre 1809. Si dedicò agli studi letterari ad Apiro e successivamente a Camerino, dove frequentò il corso superiore di retorica.
A causa delle precarie condizioni familiari, iniziò a dare lezioni private a Chiaravalle e Camerino, dove fu istitutore presso la famiglia Conforti e seguì anche altri giovani nello studio della letteratura italiana e in particolare della Commedia dantesca.
Il suo orientamento politico insospettì i funzionari papali, i quali, nel 1835, lo destituirono dalla cattedra di lettere che nel frattempo gli era stata assegnata nel ginnasio camerinese. Fu costretto a lasciare Camerino e si trasferì a Jesi e poi, nel 1842, a Cingoli. Nel 1843 vinse il concorso a Pesaro per la cattedra di eloquenza nel ginnasio, mantenendo l’incarico fino al 1849 durante il quale esercitò pienamente il ruolo di educatore, affiancando all’insegnamento il compito di riformare le scuole locali.
Nel 1849, ripristinata l’autorità papale a Roma, Mestica fu accusato di essersi esposto politicamente, quindi perse la cattedra e fu costretto a rientrare ad Apiro, pena un anno di lavori forzati in caso di allontanamento. Si trasferì successivamente a San Marino, dove fu nominato professore di eloquenza, «e qui, con rinnovato entusiasmo, riformò la scuola con concetti moderni e più adeguati ai tempi» (Bevilacqua). Nel 1851 fu nominato professore di filosofia morale, logica e metafisica a San Marino. In questo periodo si ricordano, tra le sue opere, Principi logici morali ed estetici e loro applicazione all’arte di scrivere e all’eloquenza (1851), Trattatello della facoltà di pensare (Rimini, 1851) e il Trattatello della facoltà di volere (Rimini, 1852). Tra il 1853 e il 1854 a San Marino ci furono violenti disordini «a opera di estremisti e di alcuni esuli contro la regolamentazione del diritto d’asilo disposta dal governo sammarinese in seguito alle pressioni delle autorità pontificie e austriache che chiedevano la consegna dei rifugiati politici» (Brancaleoni). Mestica si trasferì quindi a Pesaro e poi emigrò a Tolentino, Cingoli, Jesi e, infine, a Camerino, dove era stato nominato professore di letteratura italiana all’Università e di filosofia al liceo. Nel 1862, per motivi economici, accettò di insegnare lingua italiana nella scuola normale femminile di Camerino, ma ciò lo costrinse a rinunciare alla cattedra universitaria. Morì a Camerino l’11 febbraio 1864 e la salma fu deposta nella cattedrale camerte, dove si trova un'iscrizione che lo ricorda.
- F. Bevilacqua, Apiro attraverso i secoli, Ancona, Comune di Apiro - Comunità montana del San Vicino, 1999.
- F. Brancaleoni, Francesco Mestica, «Dizionario Biografico degli Italiani», vol. 74, 2010.