Terza liceo 1939 è il racconto di un episodio vero accaduto a una liceale dell’anno scolastico 1939, la stessa autrice. A tale episodio, tuttavia, che è il centro e il momento più intenso del libro, si arriva gradualmente, alla fine di un percorso che conduce il lettore in un viaggio nella scuola italiana durante il fascismo e tra i ricordi di una studentessa ai tempi del regime, tra una propaganda assurda, le leggi razziali e le privazioni della libertà personale. Quello che emerge in questo viaggio, però, è che la scuola sembra avere in sé qualcosa di immutabile, indipendentemente dalla cornice storica che la circonda. Gli studenti sono gli stessi di ogni epoca, capaci di cogliere al volo gli aspetti ridicoli di certi loro professori, ma altrettanto di entusiasmarsi di quegli altri che sapessero coinvolgerli. Anche i docenti sembrano riproporsi eternamente simili: vi sono quelli buoni e appassionati e quelli incapaci e miseri. Qui però hanno una connotazione ulteriore, quella di un di più di conformismo servilistico che li rende meccanici ripetitori della retorica di regime che forse loro stessi, almeno alcuni, percepivano come disgustosa: «Tutto questo […] il dover conservare un aspetto dignitoso e serio anche di fronte alle più pagliaccesche evoluzioni, il non dover tradire la noia o la disapprovazione, io penso dovessero ingenerare nei professori uno stato di sofferenza e di sorda, repressissima ribellione, che poi illogicamente, ma umanamente, veniva sfogata su di noi» (p. 34). Gli alunni della terza liceo del 1939, invece, non aderiscono nella sostanza a quella propaganda; quello che si evince dai ricordi di Marcella Olschki è che il fascismo non è riuscito a soffocare in loro il senso del ridicolo di quel regime sotto il quale erano nati e cresciuti: «Ora io mi domando se era umanamente possibile ascoltare questa pietosa istoria col viso atteggiato alla serietà del momento, eretti come se avessimo dentro di noi la spada fiammeggiante dell’amor patrio […]. No, questo era veramente troppo, e noi lo sentivamo quasi come una offesa alla nostra maturità […]. Ed era anche logico che […] salisse in noi al diapason una irrefrenabile ilarità» (p. 37).
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Roma TrE-Press - In collaborazione con il Museo della Scuola e dell’Educazione “Mauro Laeng” (MuSEd)
Luogo di pubblicazione:
Piazza della Repubblica, n. 10, 00185, Roma (Italia)
Codice ISSN:
2785-4485
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