«A scuola si sta come in carcere, ma anche in carcere si sta come a scuola. Giusto, ma a imparare cosa? Adesso che mi trovo di colpo in tutt’e due, scuola e carcere, inscatolata l’una nell’altro, non capisco se questo raddoppi la costrizione o la cancelli. Come professore, di italiano e storia, sono un sorvegliante al quadrato o un antisorvegliante?» (p. 84): questo si chiede (e ci chiede) Albinati in un libro-diario in cui appunta la propria esperienza didattica nel carcere di Rebibbia come insegnante di italiano e storia tra il ’97 e il ’98. Uno spazio e un tempo sospesi per indagare con grande acume ruoli e insegnamenti in una realtà già di per sé complessa, quella carceraria. L’autore lo definisce un libro dell’irrealtà e vi fa confluire riflessioni acute anche sulla necessità di una educazione per chi è dietro le sbarre, sull’importanza della scuola per riconsegnare alla società il cittadino che ha violato le regole.
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Roma TrE-Press - In collaborazione con il Museo della Scuola e dell’Educazione “Mauro Laeng” (MuSEd)
Luogo di pubblicazione:
Piazza della Repubblica, n. 10, 00185, Roma (Italia)
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2785-4485
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