Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per evitare la leva obbligatoria e opporsi al nazismo, l’autore, un giovane studente di filosofia, aderisce alle formazioni partigiane. Insieme a lui, un gruppo di studenti vicentini, alcuni di lettere e di legge, altri di medicina, si radunano nella scuola del capitano Toni Giuriolo, un professore che non ha mai insegnato a scuola, ma l’ha fatto con impegno civile sul campo. Proprio da quest’ultimo e da altri “piccoli maestri” Meneghello prende esempio quando si trova alla guida di un drappello di partigiani, i quali, a differenza delle formazioni comuniste animate da ferrea disciplina e organizzazione, vivono l’esperienza tra le montagne con forte senso di precarietà e poca dimestichezza con le armi: «sentivamo la guerra come la crisi ultima, la prova, che avrebbe gettato una luce cruda non solo sul fenomeno del fascismo, ma sulla mente umana, e dunque su tutto il resto, l’educazione, la natura, la società» (p. 133).
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Roma TrE-Press - In collaborazione con il Museo della Scuola e dell’Educazione “Mauro Laeng” (MuSEd)
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2785-4485
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