1947. Don Lorenzo Milani (Torricella), novello sacerdote, viene mandato a Calenzano come vicario del vecchio parroco don Pugi. Da subito imposta con vigore la sua azione: visita il paese, conosce gli ammalati e soprattutto organizza un doposcuola in canonica per i ragazzi delle scuole elementari, mentre, la sera, allestisce corsi di aggiornamento per i grandi, analfabeti o appena alfabetizzati. Quasi tutte le lezioni descritte si basano sulla lettura del quotidiano, che don Lorenzo interrompe spesso per spiegare le parole difficili. Egli mostra di non gradire un’impostazione ludica dell’oratorio tanto che, disturbato dalle voci dei bambini che giocano nella stanza accanto, li rimprovera aspramente e rompe il loro tavolo da ping pong. Avvicina i ragazzi all’ascolto della musica di Beethoven e il venerdì sera invita un esperto per parlare di argomenti utili di attualità: tra questi Gaetano Arfé, a proposito del socialismo e delle sue origini storiche, e un esponente del mondo sindacale per una lezione sul diritto di sciopero. Nell’ambito dello scontro tra DC e PCI, afferma di non avere partito: al mondo vi sono solo gli sfruttatori e gli sfruttati ed egli è dalla parte di quest’ultimi. Confessa anche un ragazzo iscritto al Pci, al quale un altro prete aveva rifiutato l’assoluzione. Cerca di raccomandare alcuni suoi ragazzi per un lavoro: in particolare intercede presso l’industriale Baffi, proprietario di un lanificio di Prato, rimanendo sconvolto per il modo in cui calpesta i diritti dei lavoratori. In prossimità delle elezioni amministrative, essendosi la Dc alleata con il Partito liberale, invita i fedeli a votare secondo coscienza. Ѐ troppo: alcuni si rivolgono all’arcivescovo di Firenze Cardinale Dalla Costa, che lo invita alla prudenza. Intanto allestisce uno spettacolo teatrale, Il martirio di Giustino. Rivendica il fatto di non esporre il crocifisso in aula e di non parlare di religione.
1954. Muore don Pugi e l’arcivescovo trasferisce Don Lorenzo a Barbiana. Questi allestisce subito la scuola, sul modello di Calenzano. La scuola locale è gestita da una maestra che umilia molti ragazzi, non ritenendoli adatti agli studi; ed essi, respinti, vanno a lezione dal priore, dopo aver lavorato nei campi. Anche a Barbiana don Lorenzo propone la lettura critica dei giornali e invita esperti, tra cui Ernesto Balducci, che parla della sua comunità Il cenacolo, con cui lotta per le ingiustizie in nome della carità. A Barbiana sale una professoressa di Firenze, sostenitrice di un modello di scuola classista: tra lei e il prete vi è un duro scambio di battute. Dall’episodio nasce l’idea per Lettera a una professoressa. La parte finale del film riguarda la stesura della lettera ai cappellani militari intorno alla questione dell’obiezione di coscienza, con la relativa vicenda processuale.
Don Milani è malato. Già allettato, riceve la lettera di un allievo che si è trasferito a Londra. Muore a Firenze, nella casa paterna, ed è sepolto a Barbiana. La schermata finale riposta un passo del Vangelo: “Quando i messi di Giovanni se ne furono andati, Gesù si mise a dire di Giovanni alla folla: Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Un uomo avvolto in morbide vesti? Ma allora, che siete andati a vedere? Un profeta?” (Lc. 7, 24-26).
Fonti
F. Manfriani, L’«immagine» di don Milani, in Don Lorenzo Milani. Atti del Convegno di Studi – Firenze, 18-19-20 aprile 1980, Firenze, Comune di Firenze: Tipografia Nazionale di Firenze, 1981, pp. 284-292.
M. Morandini, Il Morandini. Dizionario dei film, Bologna, Zanichelli, 2000, p. 382.
F. Ruozzi, Riflettori su Barbiana: teatro, cinema e televisione, in R. Michetti, R. Moro (a cura di), Salire a Barbiana. Don Milani dal Sessantotto a oggi, Roma, Viella, 2017, pp. 153-203.
P. Alfieri, C. Frigerio, Memoria scolastica o memoria pedagogica? La scuola di don Milani al cinema e in televisione (1963-2012), in P. Alfieri (a cura di), Immagini dei nostri maestri. Memorie di scuola nel cinema e nella televisione dell’Italia repubblicana, Armando, Roma, 2019, pp. 53-76.