Alla fine degli anni Settanta, in seguito all’apertura dei concorsi per docenti di scuola materna agli uomini, il maestro Roberto (Benigni) prende servizio nel rione Corticella di Bologna come primo insegnante di sesso maschile. Egli instaura da subito un buon rapporto con le colleghe, ma anche con i bambini, mettendosi in ascolto delle loro esigenze e scatenando la loro ilarità quando, per esempio, con un cuscino sotto il maglione, finge di essere in dolce attesa. Gli alunni apprezzano l’insolita presenza di un uomo tra i docenti, anche perché egli si mostra attivo ed incline al gioco.
Roberto intesse una relazione particolare con Gianluigi (Sbrighi), un bambino affetto da disturbi comportamentali, che non parla, si alimenta pochissimo e, a causa di questi problemi, viene allontanato dalla scuola per essere ospitato in una casa di cura, dove il maestro va spesso a fargli visita, continuando a credere nella possibilità di un miglioramento delle sue condizioni.
I metodi educativi di Roberto sono piuttosto anticonvenzionali e ispirati ad una grande libertà: egli crea un rapporto confidenziale con gli alunni, sedendosi tra loro sulle seggioline in aula, ma anche conducendoli all’esterno della scuola, per esempio a visitare una fabbrica dove lavorano alcuni dei loro genitori.
Un bambino che non vuole più vivere con i familiari chiede aiuto a Roberto, il quale domanda l’intervento della polizia. All’asilo si reca, però, un commissario (Trevisi), che, non rilevando segni di lividi o percosse sul bimbo, ritiene di non dover intervenire. Roberto e la sua compagna Isabella (Laffin), madre vedova dell’alunna Michela, ospitano il piccolo per una notte a casa loro, ma la mattina presto i poliziotti fanno irruzione per riportare il bambino dai genitori. Roberto viene accusato da un giudice (Marzano) di essere un sovversivo, non soltanto per aver tenuto con sé il bimbo, ma anche per le letture rivoluzionarie trovate a casa sua e per i metodi didattici alternativi cui fa ricorso.
Alla fine dell’anno scolastico, Roberto raggiunge Isabella, prossima al parto del figlio che hanno concepito, in Sardegna, dove la donna si è da poco trasferita in un cinema dismesso, con un numeroso gruppo di bambini (i cui genitori sono troppo impegnati per badare loro); tra questi, c’è anche Gianluigi. Proprio nel giorno in cui Isabella partorisce, Gianluigi comincia a mostrare i primi segni di guarigione. Il film si conclude con una scena in riva al mare, dove il bambino dialoga felice con Roberto, che ormai considera come un padre.
Fonti
M. Ferreri, Chiedo asilo, a cura di M. Grande, Milano, Feltrinelli, 1980.
T. Masoni, Marco Ferreri. La provocazione della libertà nei film del più anarchico tra i grandi maestri del cinema italiano, Roma, Gremese, 1998, pp. 74-83.
L. Morandini, L. Morandini, M. Morandini, Dizionario dei film e delle serie televisive, Bologna, Zanichelli, 2019, p. 285.