In questo racconto Elsa Morante (con lo pseudonimo di Antonio Carrera) si dedica espressamente a descrivere cosa accade in una scuola tra pessimi insegnanti e piccoli scolari. La sua carrellata di professori (una selezione su un totale di 57 maestri in 16 anni di scuola) è impietosa, ma si sofferma anche su casi emblematicamente positivi. Per il maestro che amava il suo lavoro solo per lo stipendio, ad esempio, «Educare la gioventù significava tenerla costantemente rannicchiata nella paura» (p. 11) e il maestro diventava soltanto «Colui che bisogna ingannare nascondendo la nostra vera natura» (p. 11).
Molto divertente anche la figura di Fernando Coppello, studente abile nel riempire i suoi temi e i suoi discorsi di parole amate dal suo insegnante, benché prive di un reale contenuto, e che a un certo punto, durante i compiti in classe, sembrano vagare tra le mura dell’aula come cose reali e vive. Molto interessante la definizione che Morante dà di maestro, una figura a metà tra il sacerdote e il medico. E forse non è un caso che l’unico professore a non avere nome in questo racconto sia quello del migliore fra tutti: si chiama Ideale.