La serie, diretta da Vittorio De Seta con la consulenza pedagogica di Francesco Tonucci, nacque con lo scopo di rappresentare quattro esempi – quattro case study – di rinnovamento positivo della scuola italiana. Non a caso, essi vennero scelti da De Seta lungo tutta la Penisola, equamente distribuiti tra Nord e Sud.
Il primo episodio – Partire dal bambino – vede protagonista la classe di Mario Lodi nella scuola elementare di Vho, comune di Piadena (CR). Lodi, che nel 1979 era già un personaggio noto della pedagogia italiana (il suo Il paese sbagliato era uscito nel 1970), si presenta sullo schermo alternativamente: insieme ai suoi bambini, nelle scene di vita di classe, tra ciclostili, visite in officina, teatro delle ombre, giradischi e problemi aritmetici da risolvere alla lavagna; oppure da solo, nelle vesti di chi commenta e spiega le scelte pedagogiche compiute e la sua precisa, attivistica, idea di scuola. Il tema che fa da filo conduttore alla puntata è quello della centralità dell’alunno nei processi di apprendimento.
Il secondo episodio – Tutti i cittadini sono uguali senza distinzione di lingua – è dedicato a Carmine De Padova, insegnante di San Marzano (Taranto), che fa scuola ai ragazzi della locale comunità di italiani di lingua albanese e cerca di tenere in vita le loro tradizioni anche attraverso attività extrascolastiche, organizzate addirittura in casa propria, cui partecipano bambini, giovani e adulti. La cinepresa passa così dall’aula alle abitazioni e alle strade del paese, mostrando non solo come si possa insegnare l’italiano partendo da una diversa lingua madre (e non ignorandola o, addirittura, calpestandola), ma anche mostrando la riscoperta dei canti, delle danze e delle storie che attestano una civiltà contadina portatrice di valori. Il tema della puntata, in cui la figura “esperta” chiamata a commentare la situazione delle minoranze linguistiche e delle loro scuole è quella di un giovane Tullio De Mauro, è dunque quello dell’alfabetizzazione, ma in senso “espanso”, non come semplice capacità di compitare lettere e sillabe, ma come possesso di uno strumento culturale a tutti gli effetti, in cui l’alfabeto è freirianamente connesso all’intero mondo vitale di un popolo.
Il terzo episodio – Lavorare insieme non stanca – è girato a Milano, nel quartiere periferico e industriale di Gorla, dove giungono molti immigrati dal Meridione: qui opera la maestra Caterina Foschi che, insieme a Pino Rosanìa e ad altri colleghi, dà vita a una “scuola speciale a tempo pieno” aperta a tutti, una delle prime: si tratta della scuola elementare di viale Sant’Erlembardo. Il metodo cooperativistico – tipico delle scuole milanesi che si ispiravano all’MCE (Movimento di Cooperazione Educativa) – è ciò che De Seta mette al centro della sua rappresentazione televisiva, non però in chiave ideologica bensì metodologico-didattica, mostrando come, attraverso questa modalità di organizzazione della vita scolastica, i bambini abbiano a disposizione un maggior numero di situazioni di apprendimento in cui mettersi in gioco come persone e come cittadini, nonché sperimentare competenze legate sì alle discipline di studio, ma collocate entro contesti – come direbbe Dewey – di “vita sociale semplificata”.
L’ultimo episodio – I “diversi”, trasmesso in TV prima degli altri tre – è dedicato all’esperienza del Centro medico-psico-pedagogico per bambini disabili di Cutrofiano (Lecce), uno dei primi ad avere “decentrato” il proprio servizio, superando l’idea di classe o scuola “differenziale” votata prevalentemente a una “riabilitazione” che spesso assumeva i caratteri di una forzosa “normalizzazione”. Il Centro di Cutrofiano, invece, mantenendo la presenza di molteplici professionalità, aveva incominciato a operare l’inserimento dei bambini nelle scuole, seguendoli in forma individualizzata e supportandone famiglie e insegnanti.
Fonti
G. Fofi, G. Volpi, Vittorio De Seta. Il mondo perduto, Torino, Lindau, 1999.
D. Felini, Una proposta pedagogica sullo schermo. La scuola in due produzioni televisive di Vittorio De Seta (1970-1979), «Orientamenti Pedagogici», 2, 2015, pp. 273-291.
D. Felini, Una scuola diversa è possibile. Gli esempi di Vittorio De Seta in Quando la scuola cambia (1979), in P. Alfieri (a cura di), Immagini dei nostri maestri. Memorie di scuola nel cinema e nella televisione dell’Italia repubblicana, Roma, Armando, 2019, pp. 99-127.